27 Novembre 2023
Quella del medico è una professione a rischio estinzione? La problematica è culturale, clinica ed economica. Relativamente ai Pronto Soccorso, leggendo il “Piano di riordino delle strutture, attività e ruoli del personale medico nell’ambito della rete di emergenza-urgenza ospedaliera” deliberata a fine luglio dalla Regione Lombardia, è evidente che manca l’atteggiamento culturale di “voler curare”, mancano percorsi clinici che partano dal lavoro effettivo dei medici e gli obiettivi da conseguire. Questa delibera redistribuisce una coperta che resta corta. Le istituzioni usano tante parole, poca concretezza e nessun miglioramento della condizione economica per il personale sanitario. I medici maturi sono sempre più vicini alla pensione ed i neolaureati scelgono specialità meno impegnative, più remunerative e con meno rischio denunce. Per risolvere i problemi dei Pronto Soccorso basterà chiamarli MEU (medici di emergenza urgenza) e definire il ruolo già noto in pratica per attirare la loro attenzione? Oppure introdurre specializzandi per gestire i pazienti meno gravi ai quali assegnano il codice bianco? Ma così facendo che cosa impareranno questi giovani medici per crescere professionalmente?
Esistono i medici delle cooperative che lavorano a gettone chiamati nei Pronto Soccorso con una retribuzione che raggiunge in pochi giorni lo stipendio di uno strutturato. Una soluzione che non è un esempio di efficienza clinica, crea piuttosto incertezze per il lavoro di squadra e svilisce gli strutturati.
Si parla di telemedicina, ma chi sarà chiamato a gestirla? Tutte domande aperte come le soluzioni che nella delibera introducono “sigle” come CMI (Centrale Medica Integrata), OBI (Osservazione Breve Intensiva) o RRT (Rapid Response Team) ma che nella pratica non è chiaro chi riguarderanno, se si aggiungono o sono in sostituzione (come per la gestione della guardia medica/chirurgica interdisciplinare), come verranno gestite e retribuite. Sembra che si parli di “pacchi da gestire e smistare”, stile Amazon, invece che di pazienti di cui prendersi cura. E poi succede che una donna partorisce, viene rimandata a casa con un sanguinamento considerato normale e muore, come è successo a Pamela, 39 anni, deceduta all’ospedale di Monterotondo, nella notte tra il 7 e l’8 ottobre scorsi, a sette giorni dal parto al Policlinico Gemelli di Roma, da cui era stata regolarmente dimessa senza apparenti complicazioni.
Nella delibera in questione si parla di “modalità di gestione dell’emergenza” ma c’è “il nulla” sull’aumento dell’organico sanitario, dei posti letto (si rimanda al DM 70 del 2015) e dei percorsi clinici per smaltire le “barellaie” e le liste di attesa. Riguardo alla retribuzione l’unica certezza: «non è attualmente previsto un riconoscimento economico bensì una sperimentazione di un anno (2024) utile a consolidare il flusso e consentire un’analisi dei costi» .
Gli anestesisti e rianimatori la definiscono comunque una delibera coraggiosa e opportuna. Altri, come i medici di medicina interna, hanno evidenziato immediatamente le lacune pratiche rispetto al lavoro del Pronto Soccorso. La Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere punta invece il dito sulla carenza di personale e propone l’eliminazione del tetto di spesa del personale e l’assunzione di 30.000 medici e infermieri oltre ad altri rimedi economici.
Il 9 novembre è stato presentato il piano sociosanitario della Regione Lombardia 2023-2024 a porte chiuse, senza dati rilevanti, nessun accenno alle liste di attesa (se non che l’affollamento è colpa dei cittadini che prenotano più visite e non disdicono) e nulla sul rapporto tra pubblico e privato. L’apporto delle strutture private ha contribuito a snellire le procedure e a dare disponibilità in caso di urgenza estrema, come durante il COVID, quando il sistema pubblico è imploso.
Già nel 2007 la Sanità pubblica era al collasso e dieci anni fa si poteva già calcolare che sarebbero mancati almeno 5mila medici, perché lo Stato non aveva i soldi per formare e specializzare adeguatamente i camici bianchi del futuro. Non è bastata una pandemia ad invertire questa spirale. Anzi, pare che ci sarà un ridimensionamento dei Pronto Soccorso piccoli in favore di quelli maggiori. La riorganizzazione dovrebbe iniziare a gennaio 2024.
Ora staremo a vedere cosa cambierà per i pazienti e per il personale sanitario con questi nuovi piani. Quel che conta è il valore clinico del nostro lavoro di medici, perché è quello che fa la differenza per salvare la vita ai malati e va considerato per proporre percorsi clinici appropriati.
- Ha collaborato Sabrina Sperotto
Immagine di apertura: fonte: Italian Journal of Emergency Medicine