Milano 27 Febbraio 2023

Irrompe nella narrativa Fabbricante di lacrime (Magazzini Salani), romanzo scritto da Erin Doom, pseudonimo di una scrittrice italiana under 30 dall’identità misteriosa, che ha esordito su Wattpad, la piattaforma planetaria di social reading. L’opera ben presto è divenuta un caso editoriale nel 2022 per l’alto numero di copie vendute (500 mila) soprattutto fra i giovanissimi.

La copertina del libro “Fabbricante di lacrime” di Erin Doom, pubblicato da Magazzini Salani

Il libro è in sé “fabbricante di lacrime”, perché narra situazioni tristi e angoscianti in grado di emozionare e muovere al pianto. La storia è incentrata su due protagonisti Nica e Rigel, vissuti fino a 17 anni in un orfanotrofio, dove veniva raccontata la fiaba spaventosa del fabbricante di lacrime, omino pallido e ricurvo, vestito di ombre con occhi chiari, in grado di confezionare lacrime di cristallo con cui penetrare, dietro richiesta, nell’anima delle persone e far emergere sentimenti di disperazione, dolore, rabbia. «Ogni bambino dell’istituto credeva nelle storie che venivano raccontate e ogni ragazzo se ne andava portando quelle storie dentro di sé». Nica ha perso i genitori all’età di 5 anni, Rigel è stato abbandonato davanti al cancello dell’istituto in una cesta di vimini. Lo avevano chiamato Rigel come la stella più luminosa della costellazione di Orione. La loro vita all’interno di quella “prigione”, detta grave (tomba) si è svolta in modo differente: Nica, come molti altri ospiti, ha subito maltrattamenti e torture da parte di una sadica istitutrice; Rigel, invece, è stato dalla stessa amato e risparmiato e, grazie alle sue attenzioni, ha imparato a suonare il pianoforte con cui incanta tutti.
Eppure, i due ragazzi sviluppano un carattere apparentemente antitetico rispetto al trattamento ricevuto: lei, che porta il nome di una farfalla, è dolce, gentile, delicata, ottimista; lui bellissimo, intelligente, ma sociopatico, violento, capace di crudeltà e scatti d’ira inspiegabili. «Rigel era come una belva elegante, vestita del suo manto più bello, ma dentro celava un animo selvatico e imprevedibile, a tratti spaventoso, che lo rendeva inavvicinabile a chiunque».

L’orfanatrofio dei Martinitt, a Milano, uno dei più famosi d’Italia, in una foto degli anni Trenta del secolo scorso. In quell’orfanatrofio sono cresciuti personaggi come Angelo Rizzoli e Leonardo Del Vecchio

All’età di 17 anni vengono entrambi adottati dalla famiglia Milligan. Nica è felice – sembra aver coronato il suo sogno -; si propone di essere brava per ricevere amore e approvazione dai nuovi genitori; lui indossa ogni giorno la sua maschera attraente, incantatrice in pubblico, ma in privato respinge e maltratta Nica. La loro convivenza diventa molto problematica, ma la ragazza non rinuncia a capire, anche perché è, sì, terrorizzata, ma anche fortemente attratta da lui. Così tra scontri violenti e attimi di pace, i due piano piano chiariscono le loro intenzioni e si avvicinano sempre di più, fino a quando Nica scoprirà cosa si nasconde dietro gli occhi sempre tristi di Rigel e che cosa scatena la sua la sua rabbia. Rigel l’ama da sempre, ma, consapevole dei suoi disturbi psichici, l’allontana da sé per proteggerla. Esplode così il loro amore, difficile da gestire, perché entrambi  sono «frantumati dal loro burrascoso passato», ma proprio perché sono entrambi «rotti», riescono ad incastrarsi e a completarsi. D’altronde non si può uscire indenni da un orfanotrofio: le «rotture» saranno le compagne della vita. Il finale è rassicurante, scioglie finalmente la tensione del lettore che ha seguito con trepidazione le varie vicissitudini delle due mine vaganti, temendo sempre qualche colpo di scena.

Nica, la protagonista del romanzo, guarda ancora il mondo con gli occhi dell’infanzia (foto di digaita)

La narrazione ha un impianto fiabesco, pur nel realismo di alcune situazioni. Abbastanza originale è l’espediente del fabbricante di lacrime che ben si attaglia ai due protagonisti e che pone l’accento sull’importanza delle lacrime come vettori di emozioni e sentimenti.
Il libro tratta temi spinosi come l’adozione, la vita in un orfanotrofio, le violenze sui minori e le relative conseguenze psichiche, ma approfondisce solo l’aspetto del complicato rapporto fra i due adolescenti e della sua evoluzione che li porta a diventare l’uno il fabbricante di lacrime dell’altro. Le descrizioni fisiche, comportamentali ed emotive dei due protagonisti sono innumerevoli e ripetitive, in particolare di Rigel, di cui si sottolinea la prestanza, la bellezza, la passione, lo spirito di sacrificio e il senso di protezione.
Di Nica si mettono in evidenza la tenacia nel voler aggiustare le cose rotte, la sua diversità e ingenuità dovute al suo passato («io lo sapevo di non essere come gli altri perché diventando grande quella parte deformata di me era rimasta bimba. Guardavo il mondo ancora con gli stessi occhi»). Ha cerotti colorati sulle dita, cammina a piedi nudi nell’erba, cura e salva tutti gli animali, anche quelli più piccoli e pericolosi.

L’autrice di “Fabbricante di lacrime” ha un’identità misteriosa che si nasconde dietro Erin Doom, come già successo con Elena Ferrante (foto di Stefan Keller)

La giovane coppia sembra che segua un cliché: lui bello e dannato, lei ingenua, eppure pronta a perdonare chiunque l’abbia offesa. I personaggi secondari sono poco significativi nell’evoluzione della storia: sono tutti gentili e accoglienti e fra loro, in modo un po’ forzato, non manca un amore omosessuale. La famiglia adottiva, poi, è un sogno; in particolare la neomamma Anna trasuda amore, comprensione complicità, un comportamento forse troppo fiabesco.
La lettura del romanzo è piacevole e tutto sommato avvincente perché la giovane scrittrice ha amalgamato bene gli elementi della trama, ha costruito personaggi affascinanti, che hanno sofferto ingiustamente, ha creato suspense, alternando scene tranquille a colpi di scena, ha appagato le fantasie amorose delle lettrici, soprattutto adolescenti. Tuttavia, la ripetitività di concetti ed espressioni, l’uso continuo di metafore, similitudini, anafore, sinestesie, rendono lo stile poetico, ma anche ridondante ed enfatico.  Sembra inoltre che l’autrice voglia fare bella mostra del suo lessico aulico e in qualche caso desueto. In questo modo, però, ha complicato una storia che, con minore verbosità – sette pagine per un amplesso amoroso sono troppe – poteva essere molto più fruibile.

Immagine di apertura. foto di Alana Jordan

Nata a Noci (Bari) sull’altopiano delle Murge, è laureata in Lettere Classiche all’università Cattolica di Milano, città dove ha poi sempre vissuto e insegnato nelle scuole medie e in quelle superiori. Ama viaggiare, cucinare, frequentare i concerti, ma soprattutto leggere. E’ "un'appassionata" di parole scritte, soprattutto sulla carta e non su kindle.

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