Milano 27 Settembre 2022

Uno strumento diagnostico che valuti le conseguenze psicologiche delle protesi ad alta tecnologia sulle persone alle quali vengono impiantate, siano queste pacemaker cardiaci e defibrillatori (il Registro Italiano ne conta rispettivamente 25mila e 19mila ogni anno), le più semplici protesi d’anca, o i complessi stimolatori cerebrali per il Parkinson dove un catetere viene inserito in una certa area cervello per curare il tremore tipico della malattia. Un test con solide basi scientifiche che per la prima volta indaga e misura le conseguenze psicologiche, finora sottostimate, della medicina ad alta tecnologia. Non per ostacolarla ma per agevolarne l’utilizzo, e promuovere nella classe medica attenzione e sensibilità rispetto alla sfera comportamentale di una persona che ha subito un intervento invasivo, che convive tutta la vita con un dispositivo avanzato nel proprio corpo e la cui rappresentazione di sé può andare incontro a distorsioni, spesso patologiche.

Lo psichiatra e psicoanalista Augusto Iossa Fasano. Nato a Napoli, milanese di adozione, è fondatore e Presidente di “Metandro”, associazione no profit con sede a Pistoia, la città dove attualmente risiede e lavora

Sta qui il valore scientifico del progetto dell’Associazione pistoiese Metandro, realizzato dallo psichiatra e psicoanalista Augusto Iossa Fasano, che dell’Associazione è fondatore e Presidente, pubblicato di recente sulla rivista International Journal of Environmental Research and Public Health. Lo studio, “Il Futuro della Medicina Tecnologica: Introduzione del test PBP-Q” ha condotto alla validazione di un questionario per il Paradigma Bionico-Protesico, ovvero il primo metodo per il riconoscimento e la diagnosi di patologie psichiche nei pazienti che hanno subito interventi di medicina hi tech. Gli ambiti di applicazione sono innumerevoli: «Oggi le biotecnologie e l’ingegneria biomedica permettono di impiegare device in neurologia, in cardiologia, fino all’oculistica e l’ortopedia – spiega Iossa Fasano -, ma se non ci prendiamo cura del benessere emotivo e psicologico della persona che li riceve, non siamo pronti per queste fantastiche tecnologie». Riconoscere e diagnosticare è il primo passo per curare; su questo non c’è dubbio.
Medico, specialista in psichiatria, con esperienza clinica in manicomio, muove i primi passi in ospedale psichiatrico, che poi ha contribuito a chiudere con l’avvento della legge Basaglia. Augusto Iossa Fasano sceglie poi la psicoanalisi come campo di clinica e teoria, la utilizza come schema di lavoro per la cura e la comprensione dei disturbi gravi. Esercita come dirigente medico e dal 2002 diventa specialista privato, oltre a condurre analisi di tipo formativo per medici e psicologi.

L’impianto di un pacemaker cardiaco ormai è un intervento di routine. Resta il fatto che il paziente spesso vive con ansia la presenza del dispositivo nel suo corpo (foto di Ulrike Leone)

«Oltre vent’anni fa ho cominciato a notare che alcuni soggetti accusavano sintomi, poi derubricati dagli psichiatri come ansia, depressione, disturbi di panico, compulsioni, ossessioni, disadattamento, che erano correlati a cure chirurgiche che avevano portato all’impianto di device, o a trapianti. Così mi sono interrogato su quanto la vicenda di malattia incida in maniera casuale o concausale, e soprattutto quanto il disturbo psichico, che spesso compromette l’esito della cura stessa, riceva la giusta terapia».
Il primo passo è stato quello di provare quella che allora era solo “un’ipotesi”. Difficile: «Mi sono reso conto che non c’era nulla – prosegue lo psichiatra – . Nessuno avevo mai osservato o investigato questo aspetto. Il paziente, allora come ora, veniva gestito “praticamente”, solo per il problema fisico e non per le conseguenze psicologiche».
L’Associazione Metandro si è fatta carico di trovare i  fondi per la ricerca. Con grandi sforzi e in molto tempo, si sono raccolti i dati. Oltre 200 casi, valutati statisticamente per rispondere ad una domanda: i dispositivi inseriti nel corpo possono incidere nella comparsa di stati patologici psichiatrici?
«Per rispondere, prima di tutto occorreva uno strumento. Così abbiamo sviluppato il questionario sulla qualità della vita con 65 domande. L’analisi statistica ha dimostrato poi la sua validità» precisa Fasano.

Un’immagine stilizzata dello stimolatore cerebrale per curare il tremito nelle forme avanzate di Parkinson. Un elettrocatetere è inserito in un’area precisa del cervello collegato ad un generatore di impulsi sistemato nel sottocute, vicino alla clavicola. Siamo di fronte ad un device che modifica la percezione di sé del paziente e bisogna tenerne conto

Le aree prese in esame sono cinque: il benessere psicologico, le relazioni interpersonali, la sfera professionale, l’autonomia, la sicurezza di sé, la dipendenza, forme di compulsione e di ossessività. Ad ogni area è associato un determinato numero di domande per un totale di 26 e una precisa fascia di punteggio con un minimo e un massimo. Punteggi alti nelle prime quattro dimensioni tendono a indicare dei cambiamenti sostanziali dell’identità soggettiva connessi all’impianto del dispositivo, mentre punteggi alti nell’ultima area richiedono approfondimenti su possibili implicazioni psicopatologiche e la conseguente necessità di terapie adeguate.
Le domande vanno a investigare, ad esempio, la sfera sessuale, i pensieri ricorrenti, la qualità delle relazioni di coppia e sul lavoro, la cura del proprio aspetto, le prospettive di carriera, il senso di sicurezza e il livello di autonomia.
«Con la prima sperimentazione su 108 pazienti, abbiamo effettivamente osservato un’alterazione significativa nella qualità di vita. La mia ipotesi è stata confermata: l’inserimento di un device può causare alterazioni nel pensiero, nei comportamenti e nelle rappresentazioni mentali. Nessun allarmismo, però – rassicura Fasano – nessuna opposizione alle cure e alle tecnologie mediche, è possibile rispondere a questi problemi con ascolto, comprensione della personalità, consulenza. Insomma, un approccio completo che possa migliorare il risultato finale e restituire appieno il paziente alla società». Per il futuro? «Vorrei vedere il questionario utilizzato nella pratica clinica. Partiremo con la cardiologia e la neurologia» conclude lo psichiatra.
D’altro canto ritrovare la salute non è una condizione statica, ma irrompe nella vita di un soggetto che si trova impegnato a ritrovare nuovi equilibri. Le domande inascoltate, o mute, vanno dal chi sono? Chi sono diventato? Cosa mi hanno fatto diventare? E ancora, mi hanno indotto una mutazione in un “manovratore” che non vedo e non comprendo? L’impresa di una scienza integrata consiste nel tenere insieme il metodo della medicina con considerazioni che non sono più appannaggio soltanto della psicoanalisi. Tenendo anche conto dell’evoluzione del costume e delle concezioni del corpo.

Immagine di apertura: foto di Cottonbro

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