Milano 27 Settembre 2022
«Cara Kitty, spero che ti potrò confidare tutto come non ho mai potuto fare con nessuno. E spero che sarai per me un gran sostegno». Inizia così il Diario più celebre della storia, quello di Anna Frank. Rivestito di tela a quadri bianchi e rossi, fornito di debita chiusura a scatto come si conviene a un quaderno segreto, le fu regalato il 12 giugno 1942, giorno del suo tredicesimo compleanno. Tra i pacchetti allineati al mattino sul tavolo da pranzo «Il primo che mi apparve fosti tu, il più bello tra i miei doni. Poi un mazzo di rose, una piantina, due rami di peonie…»

La prima pagina bianca è subito occupata dalla sua grafia, spedita e chiara. Cara Kitty… Anna decide di chiamare così la sua interlocutrice, l’amica immaginaria a cui si rivolgerà nei tre anni successivi. Fedele, discreta, capace di ascoltare come nessun altro, Kitty non la deluderà. A lei Anna confiderà tutto, pensieri e emozioni, paure e ribellioni. Flash di vita quotidiana e straordinaria di una ragazzina ebrea costretta a sparire dal mondo, a nascondersi con la sua famiglia in un ripostiglio segreto nella vana speranza di sfuggire ai nazisti.
Quel Diario tradotto in 70 lingue, uno dei dieci libri più letti al mondo, 27 milioni le copie vendute, è diventato un breviario di vita di coraggio per generazioni di adolescenti, ha ispirato film, telefilm, pièce teatrali.
Il nuovo titolo in uscita, dal 29 settembre per Lucky Red, Anna Frank e il diario segreto, è firmato da Ari Folman, regista israeliano, maestro ineguagliabile nell’usare l’animazione per raccontare la storia. Il suo Valzer con Bashir, dove raccontava con potenza onirica e senza fare sconti all’esercito israeliano di cui lui stesso aveva fatto parte l’eccidio di Sabra e Shatila, vinse un Golden Globe e lo candidò all’Oscar.

Raffinata, ironica, audace, l’animazione di Folman, affiancato dalla disegnatrice Lena Guberman, resuscita Anna dando vita a Kitty. Nella Amsterdam di oggi, con la gente sempre in fila davanti alla casa nascondiglio diventata museo, la ragazzina immaginaria alter ego di Anna prende vita e sembianze reali. Capelli rossi, lunghi e ondulati come quelli di Veronica Lake, la bocca di Ava Gardner, le dive preferite di Anna, le loro foto appese nella sua cameretta. «Ma il sorriso è il mio, mio è il senso dello humor» precisa fiera la piccola Frank.
In quella casa rimasta vuota, i suoi inquilini nascosti denunciati da un insospettabile notaio ebreo, deportati e morti nei campi, l’unica rimasta è proprio lei, Kitty. Fedele custode del Diario abbandonato fino a quando il padre di Anna, Otto Frank, unico sopravvissuto, tornerà a recuperalo e deciderà di farlo conoscere al mondo. Kitty è sempre rimasta lì, chiusa in quelle pagine ormai ingiallite, custodite come una reliquia in una teca di cristallo. Ignara di quello che è successo alla sua autrice e a tutti gli altri. Risvegliata dopo 80 anni, si aggira di notte nelle stanze, spaesata, chiamando le ombre che lì hanno vissuto: Anna, Margot, Otto, Peter… E Peter risponde.

Non quello di allora, lo “spilungone timido e gentile” a cui Anna, prima di finire a Auschwitz, darà il suo primo e unico bacio, lei morta a Bergen-Belsen a 16 anni, lui a Mauthausen a 18 anni, il giorno in cui gli americani liberarono il campo. Il Peter in cui Kitty si imbatte è un ragazzo dei nostri giorni, dalla pelle ambrata, che gestisce un centro d’accoglienza per rifugiati non in regola. Clandestini da nascondere, come erano i Frank, gli ebrei, gli zingari, gli omosessuali e tutti i “diversi”. È lui a aiutare Kitty, in fuga con quel Diario che considera legittimamente suo. Braccati dalla polizia in una Amsterdam multietnica ma non sempre accogliente, si inoltrano insieme sulle tracce di Anna. Sempre più consapevoli che il suo mito, confinato nella casa museo, in piazze, ponti, teatri che portano il suo nome, rischia di trasformarsi in mera attrazione turistica, il suo messaggio di ribellione e libertà di morire davvero.

Il reportage animato di Folman si fa cronaca, viva e palpitante. La memoria, è il messaggio del film sostenuto dalla Fondazione Anna Frank e diretto ai giovani ma non solo, ha senso solo se ci aiuta a decifrare il nostro presente. A renderci conto che i nazisti del passato, qui mostrati come falangi di creature avvolte in mantelli neri con svastiche rosse, il volto a forma di teschio, non sono mai sconfitti per sempre. Che altre tirannie, altri razzismi, altre discriminazioni sono in agguato. Nel nome di Anna, Kitty e Peter portano avanti la sua battaglia. Convinti della bontà e della forza del messaggio finale del suo Diario: «Dopo tutto quello che abbiamo vissuto, tutta la malvagità umana, io credo ancora che nel loro profondo gli esseri umani siano buoni».
Immagine di apertura: una scena del film di animazione su Anna Frank firmato dal registra israeliano Ari Folman: Anna si avvia con la famiglia verso la casa che diventerà il loro nascondiglio