Milano 25 Maggio 2021

Vincitrice del premio Campiello nel 2017 con il romanzo L’Arminuta e tra i dodici finalisti del Premio Strega con Borgo Sud, entrambi pubblicati da Einaudi, Donatella Di Pietrantonio è la rivelazione letteraria italiana degli ultimi anni. Abruzzese, nata ad Arsita (Teramo) nel 1962, vive a Penne nel pescarese ed è, ancor prima che scrittrice di fama internazionale, una dentista pediatrica. Una scalata di successi fin dagli esordi nel 2011 con Mia Madre è un fiume (Elliot edizioni, vincitore del Premio Tropea) seguito nel 2014 da Bella mia (anche questo con Einaudi, vincitore del Premio Brancati), cui seguono L’Arminuta (in dialetto abruzzese “La ritornata”) e Borgo Sud, sequel del precedente, nel 2020. I suoi romanzi sono tradotti in oltre 25 lingue.

La copertina di “Borgo Sud”, l’ultimo libro di Donatella di Pietrantonio, pubblicato da Einaudi e candidato al Premio Strega

L’Arminuta, il romanzo di maggior successo della Di Pietrantonio terminava con queste righe: «Ci siamo fermate una di fronte all’altra, così sole e vicine, io immersa fino al petto e lei al collo. Mia sorella». Era l’inizio di una conoscenza e di un rapporto nuovo. L’Arminuta narra la storia di una ragazzina di tredici anni, adottata dagli zii sin dalla nascita e cresciuta in un contesto borghese ed agiato che, per inspiegabili ragioni, viene riportata alla famiglia d’origine povera e contadina. Lì ritrova i suoi fratelli e tra questi la sorella minore Adriana, con cui instaura un legame singolare. Ed è proprio il rapporto tra le due sorelle il fulcro di Borgo Sud, il nuovo romanzo. Un rapporto conflittuale e intenso: «Adriana sapeva riportarmi indietro a tutto quello che avevo voluto lasciare – dice la protagonista di cui non si cita mai il nome, come nel precedente romanzo – . Genitori e fratelli, il paese sulle colline, erano lontani, nella durezza del dialetto. Occupavano ricordi non proprio felici, e solo un poco il presente. Lei al contrario, era sempre così viva e pericolosa. Provavo forte il disagio di essere sua sorella».

Il romanzo inizia come un flashback: la donna, ormai affermata professionista a Grenoble, fa ritorno alla città di origine perché una telefonata le annuncia una disgrazia improvvisa: la sorella è caduta da una terrazza ed ora è in coma. Il viaggio che la riporta a Pescara diventa un percorso di introspezione, teso a riflettere sulla vita trascorsa per dare un senso alle priorità di quella futura. Si dipana così, tra passato e presente, il racconto della storia delle due sorelle tramite il filo della loro vita, del percorso che da due bambine quasi sconosciute le ha portate ad essere donne adulte opposte e complementari. La famiglia è aspra, semplice, ignorante, ma la madre è una donna in grado di lanciare vere e proprie maledizioni, di essere diretta e cruda nell’interazione con le figlie («È un bel giovane, ma si vede che non è della razza nostra. Mi pare un po’ troppo per te» dice a l’Arminuta di Piero, suo futuro marito, anche se la figlia le ricorda che ha studiato ed è cresciuta da un’altra parte) e di uscire dalla loro vita dopo una breve malattia che la vede spegnersi senza clamore. «Mia madre è morta di notte: la penosa fame d’aria delle ultime ore è cessata di colpo, non ne ha più avuto bisogno….».

La marina di Pescara con il ponte del mare e il Gran Sasso sullo sfondo (foto di Giulio Gigante)

Poi c’è il matrimonio dell’una e la storia d’amore disastrosa e travagliata dell’altra: le sorelle sembrano accomunate da un destino sfortunato che le vede deluse dagli uomini che incontrano, seppure molto diversi: violento e instabile Rafael, il compagno di vita di Adriana, pavido e irrisolto Piero, il marito dentista de l’Arminuta che rivelerà dopo un lungo travaglio la sua omosessualità e la relazione con un uomo con cui andrà a vivere. L’arrivo improvviso di Adriana con un bambino, Vincenzo, che nel profilo e nel nome ricorda lo zio morto troppo giovane, cambia la vita della protagonista che finirà per assecondare i desideri della sorella, nonostante la vita imprudente e girovaga della donna. Nel racconto si dipanano tentativi di ricucire storie interrotte, di dire parole mai dette, di aiutarsi nella solitudine, una alle prese con la storia finita ma ancora dolorosa con Rafael, l’altra con l’amara, tragica scoperta dell’omosessualità di Piero. Borgo Sud parla di due donne, profondamente diverse per destino, ambizione e personalità, dalla dialettica spesso burrascosa, unite però da un indissolubile sentimento, intenso e primordiale come il loro legame di sangue che consente loro di perdersi e di ritrovarsi.

Un vicolo di Borgo Marino a Pescara in uno scatto degli anni Sessanta

Adriana è una figura antagonista a quella della sorella: donna ignorante, selvatica ed egoista, bugiarda per necessità, vive da sola con un figlio da crescere e, dopo una serie di eventi tempestosi e infelici, troverà una strada per dare stabilità alla sua vita. La serenità e la realizzazione si esprimono per le due protagoniste in maniera diversa: per Adriana è un furgoncino trovato sulla Tiburtina da uno sfasciacarrozze, adibito alla vendita di pesce fritto, Sapore di mare by Adriana. Per l’Arminuta la carriera di insegnante e ricercatrice a Grenoble. Nonostante la diversità profonda, Adriana è per sua sorella il primo riferimento delle sue radici e rappresenta tutto quello che la lega al contesto di origine. Interessante e sapiente l’utilizzo del linguaggio che caratterizza i dialoghi tra le due, raffinato quello dell’Arminuta, ingenuo e intriso di espressioni dialettali quello di Adriana. «Questa è sòrema che studia», dice presentandola a Rafael.

«Con mia sorella ho spartito un’eredità di parole non dette, gesti omessi, cure negate. E rare, improvvise attenzioni. Siamo state figlie di nessuna madre. Siamo ancora, come sempre, due scappate di casa» dice la protagonista.
Più che nel precedente romanzo, la Di Pietrantonio è abile nell’intreccio della trama con le immagini dei luoghi che le protagoniste vivono, e che un abruzzese non può non riconoscere: Pescara, «palestra di architetti e artisti, una città così americana», e il suo borgo marino con la comunità dei pescatori.

Immagine di apertura: foto di Waldryano

Classe 1988, abruzzese di origine e milanese di adozione, laureata presso l'Università Bocconi di Milano in Economia delle Amministrazioni Pubbliche e delle Istituzioni internazionali, si occupa dal 2013 di consulenza manageriale per una multinazionale del settore. Ha la passione per la lettura, per i viaggi e la Toscana.

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