Milano 27 Marzo 2023
Si cerca di scansarlo fino all’ultimo, ma il momento della verità arriva per tutti. Il momento in cui ci si rende conto di essere diventati vecchi. E non è questione di anni o di rughe: la sensazione gaglioffa ti coglie alle spalle, con l’improvvisa certezza che l’estate è finita, e l’autunno e l’inverno avanzano a gran passi. Un soffio gelido, tanto più lancinante per chi, come Giacomo Casanova veneziano, avventuriero, scrittore, filosofo, alchimista e soprattutto gran tombeur de femmes, sulla giovinezza e le sue malie ha costruito il senso di una vita. Nel suo caso abbastanza lunga da patire gli affronti del tempo, dargli la consapevolezza del trasformarsi nel relitto di se stesso.

Una decadenza crudele, magistralmente raccontata da Arthur Schnitzler ne Il ritorno di Casanova, dove si racconta il suo ripercorrere la strada verso Venezia dopo venticinque anni d’esilio, con la polvere del viaggio che si mescola a quella di un tempo inesorabile. I cui danni, prima ancora che allo specchio, il seduttore leggendario coglierà nello sguardo gelido della giovane e bella Marcolina, oggetto di un desiderio senile, che ormai provoca solo orrore. L’ultimo fatale innamoramento. Morirà povero e solo a 73 anni.
Stessa età con cui oggi Gabriele Salvatores, regista di prosa e di cinema, premio Oscar per Mediterraneo, decide di affrontare quel testo vagheggiato fin dagli inizi della sua carriera teatrale, e che ora inevitabilmente lo riguarda, travalicando il piacere letterario per assumere tratti personali. Nella sua rilettura, Il ritorno di Casanova, dal 30 marzo nei cinema, diventa una riflessione dolorosa e ironica sul tempo che scorre, gli smarrimenti dell’età, i tremolii del cuore che van di pari passo con quelli delle gambe.
Affidato il ruolo di Casanova a un magnifico Fabrizio Bentivoglio, Salvatores, non pago, s’inventa un secondo seduttore nella figura del regista impegnato nelle riprese del film. Un gioco di meta-cinema che ammicca a lui ma anche no.

Leo Bernardi, così si chiama l’alter ego interpretato da Toni Servillo, è difatti un regista famoso ma ormai sul viale del tramonto. Incapace di accettare la parabola discendente, la perdita di fascino verso le donne, lo spuntare di nuovi talenti troppo frettolosamente osannati dalla critica, Bernardi fa di tutto per scantonare, non portare a termine un film che non solo potrebbe essere l’ultimo, ma il cui protagonista gli somiglia pericolosamente. E così la carriera del libertino avanza a stento, in parallelo con un finale di partita che, incurante del produttore disperato, tenta in ogni modo di rimandare. A differenza di Casanova, la sorte con lui sarà più benevola, facendogli incontrare una Marcolina capace di trovarlo ancora attraente. Giovane da far paura, Silvia, ha il vantaggio di essere lontanissima dal suo mondo, si occupa di vacche in una fattoria (peccato che Sara Serraiocco non riesca a nascondere un accento romanesco del tutto estraneo a una campagnola veneta) ma possiede quella schietta determinazione e quella fede nel futuro smarrite dal vacillante e egotico cineasta.

L’ombra di Fellini si allunga pericolosamente sulla storia, in parte devoto omaggio al maestro sommo, in parte finendo per oscurare il film vero, quello su Casanova, che invece è proprio la parte che più ci affascina e vien voglia di esplorare. I tormenti di Bernardi, che tanto alludono alle indecisioni di Guido Anselmi, il regista di 8 e ½ interpretato da Mastroianni, più che intenerire infastidiscono. Così come la troppo esplicita citazione de La Dolce vita nel finale sullo sfondo del Lido, tra le capanne dell’Excelsior, festival finito, Leoni d’oro che, come al solito, scontentano tutti. L’ultima spiaggia del cinema, e anche quella del nostro regista. Che però, proprio da quelle nere acque cinefile vedrà affiorare una speranza inattesa, una seconda occasione. Perché, contro la filosofia di Truffaut, Salvatores ribadisce la preminenza della vita, che va più veloce e sorprendente di qualsiasi film.
Immagine di apertura: Fabrizio Bentivoglio nei panni di Giacomo Casanova al tramonto della vita nel film Il ritorno di Casanova di Gabriele Salvatores