Milano 27 Febbraio 2024

La stagione dei dividendi è appena iniziata e, tra le primarie società italiane quotate, quelle che rientrano nel paniere dell’indice Ftse-Mib, soltanto l’Eni ha già pagato due delle quattro tranche previste per quest’anno. La terza, di 0,24 euro per azione, è in programma il prossimo 18 marzo e sarà versata materialmente agli azionisti il 20 marzo. Tutte le altre – poco meno di una quarantina – lo pagheranno nei prossimi mesi (il 22 aprile dovrebbe essere la prima scadenza, relativa a Banca Mediolanum) e, a differenza del colosso energetico controllato dallo Stato, in unica soluzione. Si tratta dei dividendi riferiti ai bilanci chiusi a fine 2023, che saranno sottoposti all’approvazione delle assemblee dei soci tra marzo e aprile. Un anno, quello trascorso, particolarmente positivo, forse non per la totalità delle società quotate ma certamente per le cosiddette blue-chips, le migliori per dimensione e redditività. Secondo le stime degli analisti, gli utili attesi ammonterebbero complessivamente a 78,6 miliardi di euro: un record storico, che permetterà la distribuzione di dividendi generosi nonostante il calo dei ricavi fatto registrare da alcune società.

Il fenomeno non è soltanto italiano. Il primato riguarda anche le società comprese nell’indice azionario europeo Msci Europe che, in base ai calcoli della società di gestione Allianz Global Investors, già lo scorso anno avevano distribuito ai propri azionisti circa 407 miliardi di euro, mentre quest’anno la cifra dovrebbe salire fino a un totale di 460 miliardi, con una crescita del 13% anno su anno. «È proseguito – ha dichiarato Jorg de Vries-Hippen, responsabile degli investimenti della stessa società – il trend al rialzo interrotto soltanto nel 2020 a causa della pandemia. E anche le prospettive per il prossimo anno restano particolarmente favorevoli».

Per quanto riguarda Piazza Affari, la mappa completa delle previsioni è contenuta nella tabella pubblicata qui sotto, nella quale mancano soltanto i dati di Monte Paschi, Nexi e Iveco. Nel primo caso perché al momento della compilazione l’istituto di credito, tornato a produrre profitti, con la conseguente decisione di riprendere a distribuire il dividendo con due anni di anticipo rispetto ai target previsti dal piano industriale, deve ancora deciderne l’importo. Nel secondo, la società di servizi e assistenza per i pagamenti digitali ha scelto di remunerare i propri azionisti in altre forme (probabilmente con la distribuzione gratuita di nuove azioni). Di diversa natura l’assenza di dati da parte di Iveco, che ha comunicato soltanto di recente l’intenzione di pagare un dividendo di 0,22 euro, quando la tabella, frutto dello studio di un’importante casa di analisi finanziaria, era già stata pubblicata.

Negli ultimi due anni l’indice Ftse Mib Total Return, che misura l’andamento degli utili in Italia, è cresciuto del 34%  (foto di Geralt)

L’effetto Covid è dunque superato. Ma anche le successive crisi che hanno colpito l’economia mondiale, causate dalla guerra in Ucraina e da quella israelo-palestinese, non sembrano al momento in grado di rallentare la tendenza. Negli ultimi due anni, per esempio, l’indice Ftse Mib Total Return, che misura l’andamento degli utili in Italia, è cresciuto del 34%, spinto in particolare dall’andamento di società come Leonardo, le cui azioni hanno triplicato il loro valore, oltre che da un intero comparto, quello bancario, che dal 2011 a oggi è cresciuto del 210%, considerando sia i dividendi distribuiti sia l’andamento delle quotazioni borsistiche. In effetti la componente cedola, cioè il peso dei dividendi sulla redditività delle azioni, è normalmente sottovalutato in Italia. Quando si parla dell’investimento azionario, o in “capitale di rischio” nel linguaggio degli esperti, è quasi automatico pensare soltanto a una tipologia di rendimento, quella che prende in considerazione il cosiddetto capital gain (letteralmente guadagno da capitale), vale a dire la rivalutazione nel tempo delle quotazioni di un titolo. In realtà questo aspetto è certamente il motore principale che spinge un risparmiatore a investire in azioni, mentre quello della redditività viene generalmente trascurato. Infine, tornando alla tabella, è opportuno ricordare che la colonna del dividend yield (il rapporto tra dividendo pagato e la quotazione del titolo cui fa riferimento) riporta una stima “ballerina”, nel senso che le cifre indicate sono per natura volatili. Cambiano infatti da un giorno all’altro, così come le quotazioni di Borsa, che rappresentano la parte variabile dell’equazione.

Immagine di apertura: foto di Geralt

Nato a Rivanazzano Terme (Pavia) è giornalista professionista dal 1977. Per quasi trent'anni alla redazione Economia del "Corriere della Sera", è stato per molto tempo titolare della rubrica quotidiana sulla Borsa Valori. Prima di approdare nel 1986 a via Solferino, è stato Caporedattore a "Il Mondo" e in precedenza ha lavorato al "Sole24ore" e alla "Gazzetta del Popolo" di Torino. Tra i suoi libri, "Guida facile alla Borsa", Sperling & Kupfer (tre edizioni, l'ultima nel 2000) e "Meno Agnelli, più Fiat, cronaca di un cambiamento", Daniela Piazza Editore, 2010.Nel 2019 per Mind Edizioni è uscito il suo ultimo libro, "Difendi i tuoi soldi. Capire prima di investire".

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