Milano 27 Marzo 2022
Quando si fa il tifo per una squadra di calcio si punta ovviamente al miglior risultato possibile sul campo: la vittoria in una singola partita ma anche il successo nel campionato o nelle coppe internazionali. Nello stesso tempo, però, si possono avere altri obiettivi, anche economici. Molte squadre, infatti, sono società per azioni quotate in Borsa. E molto spesso l’andamento delle quotazioni rispecchia fedelmente non solo i risultati sportivi acquisiti, ma anche quelli attesi. Il lunedì successivo al successo della domenica il titolo ne risente positivamente, così come l’acquisto di un giocatore o il cambio dell’allenatore. Per esempio, l’annuncio di un nuovo tecnico considerato tra i migliori del mondo, il portoghese Josè Mourinho, fece schizzare verso l’alto le azioni della Roma.

E lo stesso accadde, anche se in misura più limitata, quando la Lazio decise di affidarsi a Maurizio Sarri. Certo, dopo l’entusiasmo della prima ora, spesso i prezzi delle azioni si sono ridimensionati. Ma il meccanismo riguarda un po’ tutte le azioni quotate. In ogni caso i successi sportivi, che rappresentano in prospettiva incassi maggiori e acquisizione di nuovi sponsor, contribuiscono ad incrementare il valore della società e quindi di ogni singola azione. È proprio da questa considerazione che è partita tempo fa l’idea dell’economista ed ex ministro Carlo Cottarelli, grande tifoso dell’Inter, di coinvolgere i supporter della squadra nerazzurra in una specie di “azionariato popolare”. Per il momento il progetto è fermo, anche perché il controllo della società calcistica è saldamente nelle mani del cinese Steven Zhang, titolare del 68,55% delle azioni, mentre il 31,05% fa capo a un fondo d’investimento. Per trovare attuazione servirebbe prima di tutto un aumento di capitale riservato al mercato e, successivamente, la quotazione in Borsa. Anche il Milan (3,6 milioni di tifosi) non è quotato: la quasi totalità del capitale (99,93%) appartiene al fondo Usa Elliott. Nonostante questo, è nata un’associazione su iniziativa di Auro Palomba, ex giornalista e oggi titolare di una società di comunicazione, che si propone di riunire i tifosi-azionisti in grado di dire la loro nelle assemblee, anche a prescindere dall’eventuale quotazione.

Ma in generale i tifosi possono trasformarsi in azionisti? L’ipotesi, possibile in teoria, appare ancora poco realizzabile. Ma è certamente suggestiva, soprattutto per quelle squadre che contano un grande numero di sostenitori, come la Juventus, che si stima ne abbia almeno 8,8 milioni. Controllata dalla famiglia Agnelli con il 77,8% del capitale e con una quota del 7% circa detenuta dalla finanziaria Linsell Train ltd., la società è quotata a Piazza Affari dal 2001: le azioni in circolazione rappresentano dunque il 15% circa del capitale. Il club bianconero è una delle tre squadre italiane già iscritte al listino di Piazza Affari. Le altre sono le due squadre della capitale, la Roma (1,8 milioni di tifosi stimati) e la Lazio (547 mila tifosi). In Europa se ne contano invece 24, fra le quali tre nomi prestigiosi del calcio mondiale, tutti presenti nel listino della Borsa di Londra, come il Manchester United, l’Arsenal e il Celtic. Il Chelsea, invece, in questi giorni al centro delle cronache dopo le restrizioni adottate nei confronti del proprietario, il miliardario russo Roman Abramovic, non è quotato. Ma se il magnate moscovita riuscisse a vendere la maggioranza, non è da escludere che i nuovi azionisti possano aprire il capitale ai privati, e quindi ai tifosi.
Immagine di apertura: foto Pixabay