Milano 21 Dicembre 2023
Nonostante che le nove Muse protettrici delle Arti secondo la tradizione classica siano divinità femminili, per molti secoli, soprattutto in campo musicale, la donna è stata collocata in una posizione marginale e subalterna.
Prendiamo la città di Milano e il Teatro alla Scala. La storiografia musicale ha valorizzato gli uomini come esclusivi protagonisti di questa istituzione, oggi celebrata in tutto il mondo. Pinuccia Carrer, docente di storia della musica al Conservatorio G.Verdi di Milano, nel suo saggio La Scala, le donne e la musica (Sefer) rovescia questi luoghi comuni focalizzando e approfondendo la vita di tanti personaggi femminili nel periodo che va dal 1778 al 1881. Ovvero, dalla prima rappresentazione d’opera alla Scala fino alla Esposizione Nazionale. Milano si avvia nella seconda metà dell’Ottocento al primato di capitale economica e culturale dell’Italia Unita. Un primato dovuto soprattutto al contributo di tante donne protagoniste della società civile. Secondo l’autrice la donna è immortalata soltanto nei personaggi dell’opera (Norma, Lucia, Norina, Adina), ma intorno ci sono tantissime artiste, cantanti, musiciste, animatrici di salotti, come la contessa Clara Maffei, e proprietarie dei palchi dei teatri meneghini. Non è facile farle riemergere dal passato e raccontare la loro vita. Ma comunque documenti d’archivio quasi sempre scarsi, purtroppo, dediche e persino iscrizioni funebri e celebrative mettono in luce donne di grande ingegno. A partire dal periodo napoleonico venne istituito il Conservatorio di Milano che diede alle ragazze l’opportunità di studiare a convitto. C’erano comunque limitazioni rispetto ai coetanei maschi: ad esempio, il numero inferiore di ammesse nel collegio e studi strumentali limitati al pianoforte e all’arpa. Inoltre, gravavano sulle ragazze gli oneri della pulizia e del bucato.
Dovevano passare anni prima che le donne venissero ammesse nella orchestra della Scala partendo dall’arpa, ma il cammino era aperto, soprattutto nel canto e nel balletto. Negli anni Trenta dell’Ottocento cominciarono ad affermarsi sul palcoscenico dei teatri tantissime donne. Parallelamente le scuole private musicali per le fanciulle della nobiltà utilizzarono gli stessi maestri del Conservatorio. Alle famiglie patrizie era preclusa la professione considerata non onorevole, ma le donne di quel censo diventarono pubblico competente e scrittrici delle riviste musicali del tempo come il Corriere delle Dame di Carolina Aurienti Lattanzi, fondato nel 1804 (le pubblicazioni andarono avanti fino al 1874).
Le dive che si ricordano della lirica di quel tempo sono Giuditta Pasta (1797-1865) e Maria Malibran (1808-1836), le antenate di Maria Callas e Renata Tebaldi. A Maria, considerata un grande soprano nonostante la sua scomparsa prematura, a soli 28 anni, in seguito ad una caduta da cavallo, Venezia ha dedicato un teatro. Vincenzo Bellini e Gaetano Donizetti dovevano a loro e ad altre il successo di opere come Sonnambula o Lucia di Lammermoor. L’autrice si sofferma su un evento cruciale della Primavera dei Popoli, le cinque Giornate di Milano del 1848. Donne protagoniste e patriote si dedicarono, contribuendo di tasca loro, al confezionamento delle bandiere tricolori che sventolarono in quei giorni di lotta rivoluzionaria. Esponendo il loro nome nelle sottoscrizioni, furono soggette successivamente alla vendetta austriaca che comminò multe dure al punto che molte di esse furono costrette a vendere i palchi alla Scala o, peggio, alla diminuzione dei patrimoni familiari.
Nella prefazione al libro Barbara Petrucci ricorda che 40 anni fa a Milano, grazie ad un sindaco illuminato come Carlo Tognoli, fiorirono iniziative che valorizzarono il femminismo milanese di fine Ottocento, strumento di consapevolezza delle ragazze di allora. Già quaranta anni fa circolavano i nomi di Bianca Maria Meda, Maria Teresa Agnesi, Francesca Nava, Cirilla Cambiasi e Carlotta Ferrari, compositrici a cavallo tra il Diciassettesimo e il Diciannovesimo Secolo. Soffermiamoci su Carlotta Ferrari nata a Lodi nel 1830. Studiò musica con Feliciano Strepponi, padre della celebre Giuseppina, cantante e futura moglie di Giuseppe Verdi. La sua opera Ugo ebbe un notevole successo al Teatro di Santa Radegonda di Milano. Dalle recensioni degli anni Cinquanta – sostiene Pinuccia Carrer – fino alla morte di Carlotta Ferrari si contano 60 articoli e lusinghieri giudizi di artisti e musicisti. Eppure, rimase ignorata dal repertorio. Meriterebbe un rilancio se si vincesse la pigrizia di tanti sovrintendenti e direttori d’orchestra.
Le protagoniste della narrazione di questo volume – ricco di rimandi bibliografici e citazioni documentali – sono donne che hanno forti legami con la musica e il balletto, dal palcoscenico ai palchi: dalle orchestre ai quartetti d’arco. Lontane – sostiene l’autrice – dallo stereotipo delle eroine soccombenti che permeano le trame del melodramma. Pensiamo a Cristina Trivulzio Belgioioso, attiva patriota (al pari di Giuseppe Mazzini e Carlo Cattaneo) e intellettuale che fondò ospedali per i patrioti della Repubblica Romana (1849) e si destreggiò con abilità con il pensiero di Giovan Battista Vico. Sono da lodare i riferimenti extramusicali dell’autrice dove emerge una Milano attiva nelle industrie e nella formazione culturale dei giovani e delle ragazze del tempo appartenenti ai ceti sociali modesti. Un ascensore sociale di cui oggi ci sarebbe tanto bisogno. Ci fermiamo qui per lasciare al lettore la scoperta di altri nomi di donne non citate che diedero un contributo decisivo alla crescita culturale di Milano e del nostro Paese.
Immagine di apertura: una visione d’insieme dell’interno del Teatro La Scala (foto di Alexandro D’Elia)