Milano 27 Maggio 2023

Sui libri di scuola di solito è relegata in poche righe, in gran parte dedicate alla sua morte drammatica, tra le paludi di Comacchio. La vita breve e straordinaria di Anita Garibaldi si chiude lì, il 4 agosto 1849, a 28 anni, tra l’afa e i miasmi umidi del delta del Po. Stremata dalla malaria, sorretta dal suo José, il bel Giuseppe Garibaldi, eroe dei Due Mondi. Momento supremo di amore e morte, iscritto nell’immaginario collettivo, riportato in tanti quadri romantici: lei discinta, la chioma scura sparsa in sensuale disordine, tra le forti braccia di lui, in immancabile camicia rossa.

Gaetano Gallino, “Ritratto di Anita Garibaldi”, olio su tela, 1845, Museo del Risorgimento, Milano. Questo ritratto, dipinto a Montevideo, è l’unico esistente

Consegnata alla storia e al mito come icona di coraggio patriottico e amore coniugale, l’aureola di “moglie dell’Eroe” va però stretta a una come lei. Donna libera e indipendente, guerrigliera e amazzone, Ana Maria de Jesus Ribeiro, detta Anita, è figura femminile del tutto moderna e fuori dal comune, in gran parte ancora da scoprire.
A darle voce arriva ora un documentario (dal primo giugno nei cinema), realizzato per i duecento anni dalla nascita da Luca Criscienti, il cui titolo, La versione di Anita, è già un manifesto. A parlarci fin dal primo momento è infatti lei, la ragazza venuta dal Brasile, nata il 30 agosto 1821 nel poverissimo paesino di Laguna, da poverissima famiglia. Povera, analfabeta e donna: un destino segnato. Se non fosse che Anita ha dalla sua di essere intelligente e combattiva, pronta a sfidare regole e convenzioni per conquistarsi la sua libertà.
E magari travalicare pure il tempo. Nel docufilm la ritroviamo infatti nella Roma di oggi, giubbetto di pelle e jeans, davanti al microfono radio di Marino Sinibaldi, protagonista una delle sue celebri interviste impossibili. A darle voce e volto, piuttosto somigliante stando al solo quadro che la ritrae dal vivo, opera del pittore garibaldino Gaetano Gallino, è Flaminia Cuzzoli, attrice formatasi a teatro con Ronconi, Lavia e Latella.
Anita racconta. La sua storia, la sua verità. La giovinezza difficile e ribelle, le nozze forzate con un uomo molto più vecchio nel tentativo vano di domarla, l’incontro fatale con Garibaldi, fuggito in America Latina dopo la condanna a morte per aver partecipato ai moti carbonari in Italia. Tra il biondo corsaro dagli occhi azzurri (che qui però ha i tratti bruni di Lorenzo Lavia) e la sedicenne dagli occhi ardenti è colpo di fulmine. «Devi essere mia» le dice José al primo incontro.

Nel docufilm Anita ha le sembianze di Flaminia Cuzzoli, decisamente somigliante

Anita non se lo fa ripetere. Due mesi dopo s’imbarca con il prode nizzardo, per sempre uniti da passione amorosa e ideali rivoluzionari.
Documentario e finzione, passato e presente, si intrecciano nell’alternarsi dei paesaggi, dal Brasile all’Uruguay, da Nizza a Genova, da Milano a Roma… Ma anche in immagini di pellicole che ne ripercorrono il mito, da Camicie rosse di Goffredo Alessandrini del 1952 con Anna Magnani nei panni di Anita, al Cinegiornale Luce che mostra la traslazione della sua salma da Nizza a Roma per venir sistemata, durante una cerimonia voluta dal Duce, alla base del monumento al Gianicolo realizzato nel 1931 da Mario Rutelli. Lei in groppa a un cavallo scalpitante, un bimbo in fasce (uno dei tre figli di Garibaldi, messi al mondo tra una battaglia e l’altra) stretto con un braccio, l’altro levato al cielo, pistola in pugno.

Il monumento dedicato ad Anita Garibaldi a Roma, al Gianicolo, dove è sepolta, opera del 1931 dello scultore  Mario Rutelli

Ultima e, si spera definitiva, sepoltura di una donna inquieta in morte come in vita. La sua fine tra le paludi vicino a Ravenna, una prima sepoltura frettolosa, il cadavere riaffiorato, risepolto, le accuse infamanti mosse dalle autorità pontificie a Garibaldi, imputato di averla strangolata, poi prosciolto dagli stessi ispettori che confermarono la morte naturale, tutto questo fa parte di un capitolo poco noto che il documentario giustamente riepiloga con il supporto di documenti originali.
Alla versione di Anita si uniscono altre testimonianze: il sindaco attuale di Laguna, la pronipote Annita Garibaldi Jallet, la sceneggiatrice Letizia Wierzcohowski, gli storici Silvia Cavicchioli e Roberto Balzani. E lo scrittore Maurizio Maggiani che, ricordando la natura di questa donna “naturalmente libera e senza paura”, ci regala anche un suo spiritoso cameo canoro sui versi “blues” di Bruno Lauzi: «Garibaldi amava Anita/ Ch’era la sua preferita/ Ma l’amore durò poco/ Perché un giorno Anita morì/ E per Anita: amen! Per Anita che morì».

Immagine di apertura: una scena di La versione di Anita di Luca Criscienti: Flaminia Cuzzoli è Anita morente, Giuseppe Garibaldi è interpretato da Lorenzo Lavia

Nata a Venezia, giornalista professionista di lunga militanza in Cultura e Spettacoli del "Corriere della Sera" con cui tutt'ora collabora. Specialista di musica e di cinema, ha seguito per circa 30 anni i principali festival europei, da Cannes a Venezia a Berlino. Per la casa editrice Guanda ha scritto in coppia con Dario Fo quattro libri, "Il mondo secondo Fo", "Il Paese dei misteri buffi", "Un clown vi seppellirà", "Dario e Dio". E da sola, sempre per Guanda, è autrice de "Nel giardino della musica. Claudio Abbado: la vita, l'arte, l'impegno", "Ho visto un Fo" e del recente (2021) "Complice la notte" dedicato alla grande pianista russa Marija Judina.

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