Milano 27 Maggio 2024

Essere “figli di”. Privilegio e capestro assicurati. Specie diffusissima nel mondo del cinema – i set sono spesso galeotti – i “figli di” sono una specie a parte: quasi sempre detestano il mestiere dei loro padri/madri, e quasi sempre non resistono alla tentazione di calcarne le orme. Gli elenchi della categoria “figli d’arte” di Wikipedia sono sconfinati. In gran parte fatti di sconosciuti. I pochi che ce la hanno fatta probabilmente sono bravi davvero, visto che hanno dovuto superare il doppio scoglio di farsi valere, nonostante i genitori. Nonostante il tormentone “ma vuoi mettere suo padre/madre?”.

Marcello Mastroianni e Anita Ekberg nella famosa scena della fontana della “Dolce Vita”, il film di Federico Fellini del 1960 che lo consacrò come attore

Per Chiara Mastroianni, figlia di due leggende dello schermo quali Marcello e Catherine Deneuve, decidere di “fare cinema” è stata quindi una sfida quanto meno temeraria. Che lei ha vinto alla grande, oltre 50 film in 25 anni di carriera, premi a Cannes, nomination ai Cesar, vita e amori da star. Eppure, non passa festival né intervista, senza che qualche screanzato continui a infliggerle la fatidica domanda: come è stato essere figlia di Catherine/Marcello? La resa dei conti prima o poi doveva arrivare. A cento anni dalla nascita di Mastroianni, 28 settembre 1924, Chiara decide di ritrovare quel padre adorato, sfuggente, morto quando lei aveva 24 anni, con un film così personale e audace da ascrivere a pieno titolo nella categoria del bizzarro. Perché, scavalcando con un balzo i confini del privato, i tabu dell’intimità, invece di rendere omaggio al padre raccontandolo “dal di fuori” Chiara si cimenta nel triplo salto mortale del transfert e diventa lui.
Marcello mio, settimo titolo girato sotto la guida affettuosa di Christophe Honoré, fresco di applausi e commenti sulla Croisette, approda ora nelle nostre sale nella versione originale, con il francese che si alterna all’italiano, visto che Chiara, oltre a indossare i panni del padre, ne assume anche l’identità e la lingua.

Il manifesto del film “Marcello mio” , in concorso all’ultimo Festival di Cannes, nelle sale in questi giorni

A innescare la sorprendente metamorfosi è, come da manuale di psicoanalisi, un sogno. Il suo volto, riflesso in uno specchio, si deforma e si trasforma, con una virata quasi horror, in quello del padre. Turbata dall’incubo, il giorno dopo, a un provino per un film in coppia con Fabrice Luchini, la regista, Nicole Garcia, nel ruolo di se stessa, sbotta: «Sii meno Deneuve e un po’ più Mastroianni».
Frase che, messa insieme al sogno, innesca l’idea fatale. Nell’armadio di casa c’è ancora qualche abito dell’ex marito, il musicista cantante Benjamin Biolay (con cui ha avuto la figlia, Anna Biolay). Giacca e calzoni neri, parrucca, baffetti sottili, il feltro nero alla Fellini, gli occhiali iconici di Guido Anselmi in 8 ½… E poi una sigaretta tra le labbra, il whisky facile, l’italiano un po’ indolente, ed è fatta. Chiara è suo padre tale e quale.
Chiamatemi Marcello, la ciliegina finale. Che va di traverso a tutti. Melvil Poupard, l’ex fidanzato attore, le fa una scenata, mamma Catherine sobbalza come chi ha visto un fantasma, Nicole Garcia è sgomenta. Il solo entusiasta è il folle Luchini. A cui non par vero di incontrare, sia pure per interposta figlia, quell’attore che lui non ha mai conosciuto ma che per lui rappresenta “il meglio dell’Italia”.

Chiara Mastroianni, alias Marcello, in una scena del film diretto da Christophe Honoré

Schierato fin dal primo istante dalla sua parte, Luchini si autonomina suo angelo custode: «Chiamami a qualsiasi ora, con te farò qualsiasi cosa». Chiara lo prende in parola, telefonate nel cuore della notte, perle di saggezza elargite con leggerezza cartesiana: «Tutto ciò che c’è di buono nella vita è ereditato», le rammenta, citando Nietzsche.
Ormai nella parte, Chiara torna con maman nel vecchio appartamento del 16mo arrondissement dove loro e Marcello si stendevamo sul parquet per sentire la Callas che cantava al piano di sotto; quindi parte per l’Italia. In un terribile talk show incontra Stefania Sandrelli, che di Marcello fu partner in Divorzio all’italiana. E visto che è a Roma, come sfuggire al richiamo della Fontana di Trevi? All’inizio del film, quando Chiara è ancora Chiara, la vediamo immergersi per uno spot nella pomposa fontana di place Saint Sulpice con parrucca e abito da Anita Ekberg. Adesso che Chiara è Marcello, ecco che scavalca il parapetto della marmorea vasca tardo barocca, lasciandosi accarezzare dai getti d’acqua, incurante delle grida minacciose di due poliziotti.

Marcello Mastroianni e Catherine Deneuve con la piccola Chiara (fonte: Corriere della Sera)

Il viaggio in Italia si conclude a Formia, prediletta dal padre. Album di ricordi estivi, Marcello che giocava con lei, la chiamava Chiaretta e polpetta… A Formia l’attende una sorpresa, ad attenderla c’è la sua tribù di affetti parigini, Luchini in testa. Si beve, si canta. In questo film malinconico, scombinato, commovente, per nulla biopic ma molto musical, cantano tutti: Chiara, Catherine, Biolay. Davanti al mare l’incantesimo si scioglie. La psico magia alla Jodorowsky ha funzionato. Inseguire le somiglianze non serve più, il padre è stato introiettato. Marcello è Marcello, Chiara è Chiara. Maschere e fantasmi possono tornare nell’armadio.
«Il gioco è finito – dice Prospero nella Tempesta di William Shakespeare -. Gli attori erano spiriti e scomparvero nell’aria leggera». «Nessuno si ricorderà di noi – gli fa eco Deneuve nel film -. Magari resteranno i nostri volti nei film, ma si dimenticheranno di chi siamo stati davvero».

Immagine di apertura: Chiara Mastroianni cerca di trasformarsi nel padre, Marcello Mastroianni e ci riesce. Una scena del film Marcello mio

Nata a Venezia, giornalista professionista di lunga militanza in Cultura e Spettacoli del "Corriere della Sera" con cui tutt'ora collabora. Specialista di musica e di cinema, ha seguito per circa 30 anni i principali festival europei, da Cannes a Venezia a Berlino. Per la casa editrice Guanda ha scritto in coppia con Dario Fo quattro libri, "Il mondo secondo Fo", "Il Paese dei misteri buffi", "Un clown vi seppellirà", "Dario e Dio". E da sola, sempre per Guanda, è autrice de "Nel giardino della musica. Claudio Abbado: la vita, l'arte, l'impegno", "Ho visto un Fo" e del recente (2021) "Complice la notte" dedicato alla grande pianista russa Marija Judina.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.